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Terapia forestale. Troppo stress? La cura è stare 2 ore a settimana tra gli alberi

di Francesco Ferrini / 20 Febbraio 2023

Partita in Canada una nuova sperimentazione medica riconosciuta anche dall’Onu

Una visita dal medico può produrre un certo numero di raccomandazioni, incluso il riposo e le medicine. Ma, a partire dalla fine di gennaio, i pazienti canadesi potrebbero essere rimandati a casa con una ricetta diversa: una prescrizione per un pass per i parchi nazionali. L’obiettivo è fornire agli operatori sanitari strumenti che incoraggino i loro pazienti a trascorrere più tempo nella natura, che si tratti di un'escursione, di giardinaggio o semplicemente di stare seduti all’aperto. La raccomandazione standard per il programma è di due ore di natura alla settimana, a intervalli non inferiori a 20 minuti.

 

Questa pratica potrebbe sembrare naif e poco scientifica, ma gli effetti benefici dello stare nella natura, nei giardini e nelle foreste, sono conosciuti fin dall’antichità, anche se l’argomento è ora di massimo interesse per la comunità scientifica e il pubblico. La crescente consapevolezza dei potenziali benefici della natura sulla salute è attualissima perché sempre più persone in tutto il mondo subiscono i mutamenti della vita quotidiana dovuti ai veloci progressi tecnologici e ai cambiamenti sociali degli ultimissimi anni.

 

Se è vero che da una parte le conquiste della civiltà moderna hanno facilitato la protezione dalla fame, dal clima freddo e caldo, dai nemici biologici, dalle malattie trasmissibili e, infine, hanno prolungato la durata e la qualità della vita di miliardi di persone, dall’altra parte questo cambiamento storico ha prodotto stili di vita biologicamente inappropriati e la privazione della natura, dei ritmi e degli ambienti naturali. Mentre la vita nelle aree urbane è certamente comoda, lo stile di vita che ne deriva si scontra sempre più con il programma biologico e genetico della nostra mente e del nostro corpo.

 

Glenn Albrecht, nel suo libro Philosophy Activism Nature (2005) coniò il termine “solastalgia”, una combinazione della parola latina solacium (conforto) e dalla radice greca algia (dolore) per descrivere una forma di disagio mentale e/o esistenziale causato dalla presa di coscienza dei cambiamenti ambientali. Molti di noi ne sono affetti, forse anche senza esserne consapevoli. Vedere quello che ci circonda stravolto dalle conseguenze delle azioni dell’uomo è come provare una sorta di nostalgia per quello che stiamo perdendo, ovvero i suoni della foresta, il profumo degli alberi, la luce del sole che filtra tra le foglie, l’aria pulita. Godere di questi elementi aumenta il benessere in modo sinergico, riduce lo stress e le malattie a esso legate. Inoltre, stare nella natura ci dona vitalità e ci rinfresca. Secondo l’ipotesi della biofilia di Wilson (1984), questa promozione della salute, essendo legata alle foreste e alla natura, potrebbe anche portare a una coscienza umana più ecologica e, come tale, promuovere la salute del nostro pianeta.

 

Il "deficit di natura" può essere identificato come un fattore di rischio che potrebbe contribuire a molte malattie croniche come malattie cardiovascolari, malattie metaboliche, sindromi dolorose croniche, ansia e depressione. È doveroso ricordare, a questo riguardo, che il costo delle malattie mentali, a livello mondiale, è attualmente di circa 16 trilioni di dollari. In Italia 17 milioni di persone (1 su 3,5) hanno almeno una forma di disturbo mentale più o meno lieve. Un ulteriore dato che ci deve far riflettere è che nel 2030 la depressione sarà la causa maggiore di perdita di ore di lavoro, con costi economici, oltre che sanitari, elevatissimi.

 

In questo contesto la “terapia forestale” potrebbe svolgere un ruolo importante per la futura prevenzione delle malattie. Sappiamo tutti, come scrive Qing Li all'inizio del suo libro sullo Shinrin yoku (letteralmente, "fare il bagno nella foresta" in giapponese), “quanto ci possa far sentire bene stare nella natura”.

 

La terapia forestale è una pratica relazionale che porta le persone a un'intimità più profonda con i luoghi naturali, alla possibilità di ritrovare noi stessi. È anche importante riconoscere come la pratica supporti ogni aspetto del nostro benessere, tra cui il potenziamento del sistema immunitario, il miglioramento della salute cardiovascolare e respiratoria, il ripristino dell’attenzione e la riduzione dello stress e della depressione.

 

Per questo, nel 2020, l’Onu ha riconosciuto, tra i numerosi servizi ecosistemici offerti dalle foreste, la frequentazione di ambienti forestali come una pratica di medicina preventiva, con effetti ad ampio spettro sulla salute mentale e fisica. Ha anche riconosciuto in questo e altri servizi offerti dagli ambienti forestali risorse fondamentali per la ripresa sostenibile dalla pandemia da Covid-19. Il valore economico dei soli effetti sulla salute mentale dei visitatori delle aree naturali protette è stato stimato intorno all’8% del prodotto interno lordo mondiale, in particolare per i risparmi indotti sulla spesa sanitaria e assicurativa, e il contributo alla sicurezza e l’incremento della produttività.

 

Il crescente interesse per la terapia forestale ha portato alla proliferazione di iniziative nel nostro Paese, anche non sempre fondate su un approccio rigoroso, circostanza che potrebbe compromettere gli esiti attesi come intervento a carattere preventivo o terapeutico. Per questo motivo è stato recentemente siglato, nel nostro Paese, un accordo fra diverse istituzioni scientifiche e l’Istituto Superiore di Sanità per promuovere sul territorio nazionale una nuova forma di gestione e valorizzazione degli ambienti boschivi e forestali incentrata sulla promozione della loro potenzialità in termini di funzioni ecosistemiche. L’obiettivo è favorire la salute umana con il fine ultimo di definire uno standard scientifico nazionale di qualificazione dei siti e dei percorsi candidati a ospitare esperienze e pratiche regolari di Terapia Forestale, a vantaggio degli operatori sia pubblici che privati.

 

Gli ultimi due anni sono stati stressanti praticamente per tutti e questo sta mettendo a dura prova la nostra salute mentale e fisica. Il “bagno nella foresta” potrebbe non essere la soluzione definitiva, ma potrebbe essere quel poco di cura di sé in più che fa pendere la bilancia a favore del nostro benessere generale. La terapia forestale non è la panacea di tutti mali, né si vuole sostituire alla medicina tradizionale; ma camminare nei boschi potrebbe essere quella piccola mano che ci aiuta durante la settimana. Abbiate cura di voi stessi e trascorrete più tempo nella natura.

    Credits: https://www.huffingtonpost.it/dossier/terra/2022/02/21/news/terapia_forestale_troppo_stress_la_cura_e_stare_2_ore_a_settimana_tra_gli_alberi-8800058/?fbclid=IwAR1Cda4CkreA06H2q6ObvgzAx-dmnGUQ7GKNGOZzCIg4mHFskT2h4NOgs0w

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